Lettera aperta
al Presidente
della Repubblica Napolitano e
al Presidente del
Consiglio Monti.
Gentile
Presidente Napolitano
Gentile
Presidente Monti
Le condizioni del
lavoro e la determinazione di una così generalizzata disoccupazione stanno
determinando nel paese rabbia e reazioni collettive ma anche drammatiche azioni
di singoli che non riescono ad andare avanti.
Lo scopo di
questa lettera è di evidenziare come le cause di questa condizione non sono del
tutto contingenti, imprevedibili e impossibili da modificare.
In Italia vige la
legge 30 del 2003 e il relativo DL di attuazione che avrebbero dovuto regolare
molto strettamente il mercato del lavoro per prevenirne abusi e sfruttamento.
Stranamente
quello che si può rilevare è che la legge risulta generalmente inapplicata
aggiungendo alla ferita della disoccupazione il sale dell’ingiustizia e
dell’abuso.
Mi riferisco
specificamente alle migliaia di organizzazioni che esercitano una costosa (e
illegale) attività privata di intermediazione fuori da ogni controllo.
Mentre i lavori
da affidare diminuiscono le agenzie di collocamento private fioriscono e
crescono dell’ordine del 10% all’anno.
Le agenzie di
collocamento non forniscono alcun valore aggiunto al posto di lavoro offerto ma
ne ingigantiscono il peso affidando a 1.000 ( mille ) agenzie italiane di
collocamento lo stesso messaggio che il datore di lavoro può dare gratis sul
suo sito.
Siccome nessuno
lavora per niente tutto questo mondo finisce per scaricare sugli stipendi e
quindi sui costi del lavoro costi aggiuntivi sensibili. Molti dipendenti sono
costretti a pagare per 1 o due anni percentuali del loro mensile.
Siccome il numero
dei posti di lavoro è sempre più esiguo e il numero di quelli che lo cercano
sempre più grande non sembra difficile ipotizzare che l’affidamento del lavoro
possa non seguire criteri meritocratici ma piuttosto criteri clientelari quando
non diventino vere estorsioni.
Inoltre vengono
mantenuti processi di attesa inutili e senza fine che provocano sfiducia e disperazione.
Passando a
parlare della seconda piaga italiana, quella del caporalato, non si può non
rilevare quanto distante sia l’immagine proiettata dai media che tendono ad
accreditare un fenomeno confinato al sud, agli immigrati o alle donne quanto
invece si annida al nord tra le pieghe della più moderna e opulenta
innovazione. Mi riferisco al caporalato che da sempre sfrutta lavoratori nel
campo hitec, tipicamente dei lavoratori dell’informatica, passati in pochi anni
da posizioni di privilegio a situazioni di sfruttamento di “forzati del
notebook e della partita iva”.
Da sempre chi
lavora nell’informatica viene arruolato con contatti atipici che mascherano
forme di assoluto lavoro dipendente che prevede straordinari e turni di notte.
Chi lavora in questo campo sa che mai saprà a quale prezzo è stato venduto e
che continuerà a pagare spesso una catena di intermediari occulti.
Attori di questa
beffa ai lavoratori non sono bande di extracomunitari girovaghi ma le maggiori
multinazionali del campo con la complicità delle aziende italiane di maggiore
dimensione.
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