Desidero pure esprimere il diritto al dubbio estremo sulle creazioni umani di chiunque.
Dino Gruppuso
Il pezzo che allego è del 2004. Non ricordavo di averlo scritto e credo sia
inedito. Me lo ha mandato Marco Giancola, chiedendomi se poteva diffonderlo
fra i suoi amici. Gli ho detto di si e l'ho ringraziato di aver trovato il
reperto.
In effetti questa dimostrazione che Dio non esiste, scritta in algebra
booleana e in latino medioevale, è tratta (rielaborata) dal testo del mio
romanzo "Dio e il computer" (1984).
Recentemente parecchi giornali (fra cui il supplemento della Domenica del
Sole24Ore) hanno pubblicato articoli su dimostrazioni dell'esistenza di
Dio, sulla fede e l'ateismo. Ecco, dunque, il mio punto di vista. Il
romanzo DIO E IL COMPUTER si trova su www.printandread.com
Se parecchi di voi mi diranno di essere interessati, posso diffondere il
testo del discorso che feci in Campidoglio per il Convegno sull'Autonomia
dello Stato Laico nel 2005 (lo intitolai "La Via della Ragione" --- lo
stesso titolo di un altro mio libro che si trova su www.pruntandread.com )
Best
Dimostrazioni matematiche che Dio esiste e che non esiste -
di Roberto Vacca - 16 Dicembre 2004 –
disseminato 7/3/2013
In una mia apparizione in TV dissi che in un
romanzo citavo la dimostrazione matematica che Dio non esiste. Molti mi
scrissero per saperne di più. Ecco la mia risposta.
Nel mio romanzo
"Dio e il Computer" (Bompiani 1984) immagino (fra l'altro) che Papa
Giovanni XXI, Pietro Ispano, medico portoghese, avesse dimostrato la non
esistenza di Dio. Per questo sarebbe stato ucciso da un cardinale che fece
crollare il palazzo papale di Viterbo. [E' fatto storico che Giovanni XXI morì
per le ferite riportate in quel crollo e in agonia cercò un suo libro perduto:
"Quid fiet de libello meo?"].
Riporto in Appendice 2 in italiano e in latino la dimostrazione apocrifa che
attribuivo a questo papa. Giovanni XXI è il solo papa che Dante mette in
Paradiso. Sulla sua tomba nel Duomo di Viterbo, i versi della Commedia
" Pietro Ispano - che fece luce
in dodici libelli...".
In effetti Pietro
Ispano nel suo libro Summulae logicales
anticipò di 6 secoli (pur senza formule) il De Morgan. famoso
logico-matematico. George Boole inventore dell'algebra della logica, nel
Capitolo XIII del suo libro "The Laws of Thought" (MacMillan 1854)
espresse in formule la dimostrazione dell' esistenza di Dio ideata dal teologo
non-conformista Samuel Clarke. Fu questa lettura a darmi l'idea della mia
dimostrazione inversa romanzata. La riporto qui di seguito ed evidenzio il
punto in cui Clarke e io [per bocca del mio personaggio di Pietro Ispano]
divergiamo raggiungendo conclusioni opposte. Per capirla bene, può essere utile
leggere prima l'Appendice 1 seguente.
Dimostrazione
dell'esistenza (o inesistenza) di Dio in formule algebriche.
"Poniamo: x = qualche cosa è sempre esistito
y = un
essere immutabile e indipendente è sempre esistito
z = è
esistita solo una successione di esseri mutevoli e dipendenti
p =
questa successione di esseri mutevoli ha una causa esterna
q =
questa successione di esseri mutevoli ha una causa interna
Prendere x = 1 significa accettare come vera
(= 1) la proposizione x ("qualche cosa è sempre esistito"). ? E
poiché è vera, si deve verificare una delle due condizioni: o y è vera e,
insieme, z è falsa – oppure y è falsa e, insieme, z è vera. E, detto in parole: Può essere sempre
esistito un essere immutabile e indipendente – e, allora, non è vero che c'è
sempre stata solo una sequenza di esseri mutevoli. Oppure può essere sempre
esistita solo la sequenza di esseri mutevoli e, allora, non c'è nessun essere
immutabile e indipendente. In formule scriviamo
x
= y.INVz + INVy.z = 1
cioè x è uguale alla non-equivalenza fra y e
z (le proposizioni y e z possono essere solo una vera e l'altra falsa: non
ambedue vere o false).
Se adottiamo
l'ipotesi che z=1 cioè che c'è stata solo una sequenza di esseri mutevoli,
dobbiamo decidere se questa successione ha avuto una causa esterna [cioè p = 1,
e, quindi, q = 0], oppure se ha avuto una causa interna [cioè q = 1, e, quindi,
p = 0]. Cioè, in formule, z è uguale alla non-equivalenza fra p e q
z = p . INV q + INV
p . q
A questo punto Boole
sostiene con Clarke che nessuna parte dell'universo è necessaria (infatti
esiste anche il vuoto) e che se nessuna
parte è necessaria, l'intero universo non è necessario, cioè non ha una causa interna
- q = 0. Per cui p = 1 cioè la
successione di esseri mutevoli ha una causa esterna, cioè non è la sola a
essere esistita: ne esiste anche la causa esterna che coincide con l'essere
immutabile e indipendente, sempre esistito e creatore, cioè Dio: y = 1.
Io, invece, sostengo
(e faccio dire a Pietro Ispano) che p = 0 - cioè non ci può essere causa esterna perchè per definizione l'universo
comprende tutto ciò che esiste. In conseguenza q = 1 e z = 1. Da cui deriva che y = 0 cioè non esiste alcun essere
immutabile, indipendente, creatore -- non esiste Dio. Ho riportato in grassetto
gli argomenti critici miei e di Clarke/Boole. Scelga il lettore il più
convincente. La questione è opinabile.
Appendice
1 - L'algebra della logica inventata da George Boole
La logica
è un ramo della matematica – e della filosofia – che studia le regole per
effettuare ragionamenti corretti. Le parti fondamentali che compongono un
ragionamento, e quindi gli oggetti di studio della logica, sono le proposizioni
di ciascuna delle quali si può sempre affermare con precisione se è vera o se è falsa.
Il primo e più famoso "logico" fu
Aristotele, grande filosofo dell'antica Grecia. Ad Aristotele dobbiamo i
fondamenti della logica moderna. Enunciò il principio di non contraddizione: "E' falsa l'affermazione che consiste nell'affermare e negare
contemporaneamente (e nello stesso senso) la verità e la falsità di una
proposizione qualsiasi".
Il matematico inglese George Boole inventò
l'algebra della logica (che si chiama "algebra booleana") in cui
esistono 2 soli valori numerici: 0 (zero) e 1. Si attribuisce il valore 0 a
ogni proposizione falsa e il valore 1 a ogni proposizione vera.
Se
x è una qualsiasi proposizione,
la proposizione che afferma il contrario di
x si chiama "inverso di x"
e si scrive (1-x) oppure INVx. Ad esempio, se x = oggi è sabato, (1-x) = oggi non è sabato. Quindi di sabato è
x=1 ed
(1-x) = (1-1) = 0 e, negli altri
6 giorni è x=0 ed (1-x) = (1-0) = 1.
_
Scriviamo l'operazione logica di "inverso
di x" come INVx oppure x
L'operazione logica di congiunzione
("e" - in inglese "and") nell'algebra booleana si chiama
"prodotto logico" e si scrive come un prodotto algebrico. La tabella
seguente mostra i 4 casi possibili:
p
|
q
|
p . q.
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
0
|
1
|
0
|
0
|
1
|
1
|
1
|
Il prodotto logico di una qualsiasi
proposizione x per la sua inversa (1-x) è
x
. (1-x) = 0
Se
x=0, (1-x)=1 e il prodotto 0 . 1 = 0.
Se x=1, (1-x)=0 e il prodotto 1 . 0 = 0.
L'ultima formula scritta esprime nell'algebra di Boole il principio di
non contraddizione di Aristotele
L'operazione logica di disgiunzione
("o" - in inglese "or"), nell'algebra booleana si chiama
"somma logica" e si scrive come una somma algebrica. La tabella
seguente mostra, di nuovo, i 4 casi possibili:
p
|
q
|
p + q.
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
1
|
1
|
0
|
1
|
1
|
1
|
1
|
Utilizzando i 3 operatori AND (prodotto
logico), OR (somma logica) e INV (inverso) si possono costruire formule che
realizzino qualunque possibile funzione di un numero qualsiasi di variabili.
Vediamo un caso semplice.
Supponiamo di voler produrre un segnale 1
quando certe 2 variabili x ed y sono diverse (cioè se una è uguale a 1
l'altra è uguale a 0 e viceversa). La tabella di dipendenza da x e da y di
questa funzione che chiamiamo NE o "non-equivalenza" è la seguente:
x
|
y
|
NE
|
0
|
0
|
0
|
0
|
1
|
1
|
1
|
0
|
1
|
1
|
1
|
0
|
Dunque
NE = 1 in due casi:
se x= 0 (e il suo inverso è uguale a 1) e insieme y = 1
oppure
se
se y= 0 (e il suo inverso è uguale a 1) e insieme x = 1
Dove abbiamo scritto "e insieme"
indichiamo un prodotto logico e dove abbiamo scritto "oppure"
indichiamo una somma logica. Quindi la formula della non-equivalenza è:
_ _
NE = x . y + x . y
Appendice
2 - Testo della mia dimostrazione apocrifa della non-esistenza di Dio
attribuita narrativamente a Papa Giovanni XXI
L'ipotesi che
qualche cosa sia sempre esistita, ci sembra non solo probabile, ma necessaria
ed evidente. Quindi bisogna dire che delle sue proposizioni seguenti una deve
essere vera e l'altra deve essere falsa. La prima proposizione è che è sempre
esistito un essere immutabile e indipendente, la seconda che è sempre esistita
solo una sequenza di esseri mutevoli e dipendenti. Questa sequenza di esseri
mutevoli e dipendenti coincide con l'universo.
Quindi possiamo
affermare: o questa sequenza ha avuto una causa esterna, oppure ha avuto una
causa interna. Una terza possibilità non esiste. Ma la sequenza di esseri
mutevoli non può avere avuto una causa esterna, perché l'universo comprende,
cioè include, la totalità delle cose che esistono e, quindi, anche tutte le
possibili cause. Perciò la sequenza di esseri mutevoli deve avere una causa
interna.
Da questa proposizione
non si conclude che una certa parte dell'universo sia la causa necessaria di
tutte le altre parti. Il principio che necessariamente a una causa consegue un
effetto è universale nel senso che ci appare come un principio che funziona in
tutto l'universo. Concludiamo, dunque, che l'essenza e l'esistenza
dell'universo coincidono. Sbaglia, quindi, Tommaso d'Aquino quando dice che
solo in Dio l'essenza e l'esistenza coincidono.
La conclusione
ultima è che non esiste nessun essere immutabile e indipendente, che venga
chiamato Dio.
"Hypothesis quod aliquid fuit ab aeterno nobis
videtur non modo probabilis, sed necessaria et manifesta. Tamen sciendum est
quod de harum duarum propositionum una vera, altera falsa esse debet: vel unum
ens immutabile et sui potens semper fuit, vel modo sequentia fuit entium
mutabilium et dependentium. Ista sequentia entium mutabilium et dependentium id
est quod universum.
Tamen sciendum quod ista sequentia vel causam
externam, vel causam internam habuit - tertia hypothesis non datur. Sed
sequentia entium mutabilium non potest habere causam externam, quia universum
comprehendit seu includit totalitatem entium, ergo totalitatem causarum. Ergo
sequentia entium mutabilium debet habere causam internam. De hac propositione
non sequitur quod aliqua pars universi sit necessaria causa omnium partium.
Principium quod ad causam necessario sequitur effectus est universale, quare
nobis sicut principium efficiens videtur in toto universo. Ergo concludimus
quod esse et essentia universi sunt idem realiter. Errat igitur Thomas Aquinas
quum dicit quod in solo Deo esse et essentia sunt idem realiter.
Conclusio ultima est quod non
est ens immutabile et sui potens, qui Deus appelletur."
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