Allego un estratto che ho preso dai diari di un responsabile dei robot
usati a Fukushina dopo il disastro. Il diario è stato ritirato da Web da
qualche mese.
È una lettura drammatica.
Avevo reperito il diario in rete già molti mesi fa e, a quel tempo, avevo
proposto di scrivere un articolo a vari giornali (IlSole24Ore, La Stampa, Il
Mattino) - ma non lo ritennero interessante.
Purtroppo questo documento è sempre attuale - ma i mezzi di comunicazione di
massa continuano a pubblicare altre cose, concentrandosi spesso su
dibattiti di parole, su eventi volatili e su persone note ma non molto
interessanti.
Mi scuso del ritardo con cui lo diffondo. Credo di aver fatto bene a
diffondere i miei scritti mandandoli direttamente agli amici.
Best
Roberto
DIARIO SUI ROBOT DI FUKUSHIMA – Roberto Vacca, 10
Giugno 2012.
A monte del disastro della
centrale nucleare di Fukushima dell’11 Marzo 2011, erano mancate difese
adeguate. La rete elettrica giapponese era divisa in due parti a frequenze
diverse (50 Hz e 60Hz) fra le quali un convertitore di frequenza poteva (e può)
trasmettere solo l’uno per cento della potenza generata. La scelta della
località della centrale era stata disastrosa: pericolo di tsunami di 40 metri
un paio di volte al secolo e difese contro il mare del tutto inadeguate.
Avvenuto il disastro, i tecnici non potevano entrare nelle centrali per non
subire gli effetti di radiazioni nucleari pericolose. Si poteva rimediare
facendo entrare nei fabbricati robot radiocomandati muniti di telecamere. Quelli
giapponesi, però, avevano telecamere inadatte a funzionare in presenza di
radiazioni.
Una settimana dopo il maremoto, il
costruttore americano iRobot mise gratuitamente a disposizione due piccoli robot
Packbot e due più grandi robot Warrior 710 muniti anche di braccia meccaniche
per rimuovere detriti e rottami e manipolare oggetti. I tecnici giapponesi
dovettero essere addestrati a usarli. L’impiego pratico potè iniziare solo un
mese dopo il disastro. I robot erano muniti di 5 telecamere di cui una a raggi
infrarossi, di un dosimetro, un analizzatore di particelle e uno dei tassi di
ossigeno, idrogeno e gas organici. Ogni robot ha un ricevitore GPS in modo che
la sua posizione viene determinata esattamente quando è all’esterno. Dentro i
fabbricati, la posizione viene calcolata o stimata dalle immagini delle
telecamere.
Le difficoltà incontrate erano
documentate (tra aprile e luglio 2011) dal diario di un operatore giapponese,
noto solo con le sue iniziali S.H. I diari erano intitolati “Dico tutto quel
che voglio”. Le note di S.H. sono state scaricate da Web (prima che fossero
cancellate) da un redattore del mensile SPECTRUM dell’Institute of Electrical
and Electronics Engineers [e.guizzo@ieee.org]..
Ne risultano situazioni gravi e critiche. S.H. racconta che dopo una lunga
operazione in cui aveva dovuto avvicinarsi molto al robot (data la scarsa
portata della connessione radio) l’allarme del dosimetro che misurava il
livello di radiazioni che aveva assorbito cominciò a suonare. Il suo
supervisore gli disse che il dosimetro era difettoso e che continuasse a
lavorare.
I robot americani con telecamera
entrarono nel fabbricato della centrale N°1 il 3 giugno (84 giorni dopo il
terremoto).
Due diverse aziende, sotto contratto
con la TEPCO (Tokyo Electric Power Company, proprietaria della centrale)
gestivano un robot ciascuna. A metà maggio S.H. riferisce: “Continuiamo
l’addestramento. È disagevole manovrare i robot attraverso le porte doppie, sui
pianerottoli e poi farli salire ai piani superiori mandandoli in retromarcia.
Lo stress di nopi operatorio è notevole.”
“Il 19 maggio la Prefettura di
Fukushima ordina di interrompere le operazioni. Il morale degli operatori è a
zero. Ci occupiamo con qualche lavoro di manutenzione non urgenti e ci
accorgiamo che i robot presentano già segni di usura, sebbene siano robusti
modelli militari.”
“30 Maggio – stamattina ho trovato
il bagno occupato da uno sconosciuto ubriaco che si era addormentato per
terra.”
31 maggio – Tre operatori hanno
completato l’addestramento con i robot. Principalmente hanno imparato a farli
andare su e giù per le scale. Se c’è bisogno di noi potremo andare a fare il
nostro lavoro ovunque nel mondo.
“1 Giugno – ho letto le
dichiarazioni ufficiali del governo. Mi pare che sottovalutino la gravità della
situazione.”
“3 Giugno – I robot sono entrati
nel reattore N°1. Abbiamo usato telecamere e controllo radio. Il livello delle
radiazioni è di 60 milliSievert/ora, ma ho trovato un punto caldo in cui
raggiungeva 4 Sievert/ora.” I cingoli
dei robot slittano sui pavimenti e
incontrano difficoltà con gli ammassi di detriti.
“15 Giugno – Usiamo Ethernet per
le comunicazioni e abbiamo collegato un cavo per LAN (Local Area Network). Il
robot ne ha steso 45 metri. Poi ci siamo fermati perché il cavo non ha un
riavvolgitore automatico
“16 Giugno – comincio a usare i
robot grandi Warrior che possono sollevare anche 250 kg.”
“19 giugno – molti operatori
dovevano avere un giorno di riposo o sottoporsi a test medici, ma un funzionario
governativo ha deciso che non c’era tempo per queste cose e che dovevano avere
un altro giorno di addestramento.
“20 giugno – problemi con la
stabilità dei robot Warrior: l’aderenza è diversa nel cingolo destro e in
quello sinistro, occorre molta cura perché sulle scale non ruotino su se stessi
“23 giugno – usiamo i PackBot in
un’area ove è alto il livello delle radiazioni. Un primo robot trasmette i
segnali via radio al secondo che è connesso con noi via Ethernet. Il cavo
Ethernet è segnalato con coni bianchi e rossi, ma la direzione ha mandato un
camion da 4 tonnellate che ha rimosso i coni ed è passato varie volte sul cavo
che per fortuna non si è rotto – se si fosse rotto i due robot sarebbero
rimasti inutilizzati nell’area ad alte radiazioni.
Solo dopo il 23 Giugno arrivarono
alcuni moderni robot giapponesi Quince. Erano modelli in cui i circuiti
integrati erano vulnerabili alle radiazioni e avevano dovuto essere schermati
opportunamente. Nell’ottobre 2011 uno di questi tranciò il proprio cavo e dovette
essere abbandonato. I Quince, come i Warrior, sono progettati per uso in caso
di disastri, ma nessuno di questi è adatto a trasportare feriti o disabilitati.
“3 luglio 2011 – i Packbot hanno
misurato le radiazioni al primo piano del reattore N°3 che era stato
decontaminato ieri dai robot Warrior. I livelli di radiazione sono diminuiti
del 10%. In alcuni punti il livello è di 80 Sv/h.
Come si vede, la preparazione
all’emergenza era inadeguata a Fukushima. La Gestione Totale della Qualità
(Total Quality Management) avrebbe dovuto imporre la presenza di apparati e
strumenti adatti a funzionare in condizioni estreme (alte radiazioni) e di
personale già addestrato.
Sul lungo termine, le strategie
energetiche e i problemi di sicurezza non si risolvono con discorsi (anche se
“paiono assai fondati”), né su principi ideologici, né su astratti principi di
precauzione. Dobbiamo analizzare i fatti, studiare, addestrare tecnici
eccellenti, finanziare ricerca e scuole avanzate.
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