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Sunday, September 23, 2012

La realtà per i filosofi e per i fisici - Di Roberto Vacca, 20 settembre 2012.


Il pezzo di oggi è sulla realtà e sulla< filosofia.  Ne parlano vari
filosofi anche sui quotidiani. I loro testi ogni tanto sono vaghi e
trascurano i contributi che da oltre mezzo secolo sono stati dati da
filosofi/scienziati.
Come diceva Galileo (ma non ritrovo la citazione: se qualcuno la ritrova e
me lo dice, sarò molto grato):
"Non è bene che tutto finisca solo in parole!   (o qualcosa di simile).
Le parole vaghe sono strumenti spesso usati da impostori intellettuali.
Consiglio il libro di Johnson "The Impostors" -- non so se sia stato
tradotto.

Combattiamo

Best
Roberto


La realtà per i filosofi e per i fisici - Di Roberto Vacca, 20 settembre 2012.


Alcuni filosofi stanno dibattendo su come pensiamo e conosciamo la realtà. È problema vitale, ma non si può dire niente di sensato al proposito senza aver studiato fisica. Quando avevo 17 anni lessi l’articolo Kant scritto da P. Carabellese sull’Enciclopedia Italiana. Era interessante, ma difficile: lo lessi varie volte senza trarne giovamento. Lo rileggo ora e confermo la mia insoddisfazione. Se i termini non vengono definiti, si parla attorno alle cose, ma non si dice niente. Lo conferma la seguente citazione di quel testo: “Per Kant il compito della ragione è: mostrare con la propria esigenza di assolutezza che l’oggettività non si esaurisce nei determinati oggetti che l’intelletto costituisce o scopre nel campo del fenomeno sentito nello spazio e vissuto nel tempo. --- La cosa in sé, espressione pura di realtà dell’oggetto, è pur esigenza del pensiero, senza la quale il conoscere umano si disperderebbe in un’inconcludente relatività.”
Trovai nella Critica della Ragion Pura, pagine ben più  chiare e tradussi in italiano i passi sull’impossibilità di dimostrare l’esistenza di Dio. Erano applicazioni corrette della logica di Aristotele, ma non avevano rapporto con altri concetti, che si trovano nell’opera, e che sono avulsi dalla realtà come “il principio trascendentale a priori del giudizio riflettente che conduce al concetto di spiritualità conoscitiva soggettiva”.
Ora E. Severino (in La Lettura, supplemento al Corriere della Sera, 16/9/2012) lamenta che nelle discussioni correnti sul nuovo realismo nessuno citi Giovanni Gentile, la cui filosofia sarebbe «un potente alleato della tecnica» perché avrebbe mostrato “che il pensiero per essere vero, non ha bisogno e non deve corrispondere ad alcuna cosa esterna.   ---- «per sapere se l’intelletto corrisponda alla cosa, intesa come “esterna” alla rappresentazione che l’intelletto ne ha, è necessario che il pensiero confronti la rappresentazione dell’intelletto con la cosa; la quale, quindi, in quanto in tale confronto viene ad essere conosciuta, non è “esterna” al pensiero, ma gli è “interna”. »
Mettere fra virgolette “esterna” e “interna” non serve a definire meglio questi aggettivi. La tecnica, poi, che non è esente da difetti come ogni prodotto umano) non ha bisogno di allearsi a filosofie fatte di parole, specie se di esse non siano date definizioni chiare (formali).
I fisici non parlano di pensare a o percepire oggetti, corpi, processi, fenomeni. Non si limitano a guardarli: li osservano e trovano modi per misurarli. Le misure fatte da operatori diversi coincidono – entro i limiti degli errori che vengono valutati. Quando si riesce ad analizzare anche matematicamente rapporti di causa-effetto, si possono prevedere eventi futuri e calcolare accuratamente i risultati di esperimenti ancora mai eseguiti. Questi successi sono preclusi a chi pensa alla realtà e cerca di conoscerla per similitudini o metafore.
Anche in passato taluno tentò di rivalutare Giovanni Gentile. Il suo pensiero profondo avrebbe dovuto far dimenticare che fu membro del Gran Consiglio del Fascismo e ministro della repubblica di Salò.
Invece non va rivalutato perchè il suo pensiero era irrilevante, i suoi testi insensati. Ecco la prova: nel 1927 Paolo Vita-Finzi pubblicò un'Antologia Apocrifa, in cui la parodia di Gentile diceva fra l'altro:
“L'Io dirà: "Io o sono Io o sono non-Io" trovandosi nella curiosa alternativa di affermarsi negandosi (come non-Io) o di negarsi affermandosi (come Io). Se l'Io è Io si afferma: ma non è più Io per questa sua vuota identità, che è la negazione dell'essenza processuale dell'Io, la quale importa un differenziamento. Viceversa, se è non-Io, esso si nega; ma appunto negandosi riesce ad attuare la sua essenza. Qui dunque l'affermazione pura e semplice, o affermazione dell'identico, è negazione: e la vera affermazione efficace e positiva si opera attraverso la negazione. L'affermazione pertanto, che la disgiunzione garentisce nell'autonoema per quantità, qualità e modalità, è affermazione che è negazione; non è tesi, ma autotesi e quindi divenire, dialettismo.”
Frasi insensate – e seguaci di Gentile si adontarono che il maestro fosse ridicolizzato: “Le frasi della parodia erano scempiaggini. Mai il Maestro le avrebbe dette.”  Invece il pezzo (4 pagine). "è autentico copiato tale e quale senza mutare una virgola” da  Gentile G. - Sistema di logica come teoria del conoscere. I filosofi moderni non parlano di autonoema o non-Io. Gentile danneggiò la cultura. Fu ministro fascista dell’Educazione Nazionale e fece una cattiva riforma.
Non rivalutiamo autori che dicono niente e scrivono oscuro. Primo Levi disse: scrivere per non essere capiti è un artificio repressivo, noto alle chiese e tipico della nostra classe politica. La cultura non deve essere fatta di parole vuote. Deve aderire alla realtà.
Taluno sostiene che dopo Gentile anche Heidegger scoprì che andava criticata la concezione metafisica della verità, ma anche questo filosofo scriveva oscuro. Io sono d’accordo con Karl Popper  su questo e su molti altri argomenti. Dopo una sua conferenza a Roma nel Maggio 1984, chiesero a Popper cosa pensasse di Heidegger. Rispose:
"Era un nazista, cosa che si può perdonare a chiunque, ma non a un filosofo. Dopo la  guerra, interrogato sul suo nazismo, Heidegger disse che Hitler lo aveva deluso. Rifiutò di spiegarsi meglio.  Concludo che Hitler  lo deluse solo perchè aveva perso la guerra. Io non parlo di Heidegger.”
Da anni ormai abbiamo capito che la filosofia non può essere fatta solo di proposizioni che sembrino avere forse un vago senso comune. Oltre mezzo secolo fa Bertrand Russell argomentò (My Philosphical Development, 1959) che per fare filosofia occorre studiare: fisica teorica e sperimentale, fisiologia della percezione, linguistica e logica matematica. Quest’ultima disciplina ha le basi nella logica di Aristotele, poi costruita in modo imponente dai logici medioevali e da quelli moderni. La logica di Boole ha trovato applicazione efficace e universale nella teoria della commutazione, alla base del progetto dei computer. Non ha senso discutere con chi parli ancora di logica dialettica [tesi, antitesi e sintesi] e neghi o ignori il principio di non contraddizione. Questo si applica a proposizioni che possano essere solo vere o false – tertium non datur [1]: “E’ falsa la proposizione che affermi simultaneamente  e nello stesso senso la verità di una proposizione  e del suo inverso.” I pensatori che non lo accettano o non lo capiscono non possono essere presi sul serio. Non ha senso invocare la libertà di opinione. Non neghiamo ai filosofi il diritto di discutere fra loro. Se, però, sono divorziati dalla realtà e non sono aggiornati, abbiamo ragione a non ascoltarli.
Fra loro esiste spesso una omertà furbesca. La evidenziò nel 1996 il fisico Alan Sokal, in un lavoro [Transgressing the Boundaries, Towards a Transformative Hermeneutics of Quantum Gravity] in cui asseriva (in malafede) che la realtà fisica è una costruzione mentale condizionata da fattori sociali: "un dogma imposto dall'egemonia post-illuministica delle visioni intellettuali occidentali". Non parlava delle teorie sulla realtà fisica, ma della realtà stessa. La rivista "Social Text" della Duke University lo prese sul serio e lo pubblicò senza commento. Non evocò critiche da altri accademici. Quei sedicenti intellettuali dimostrarono di non capire se le idee loro, o di altri, abbiano alcun senso o legame coi fatti. Ecco alcune citazioni dal testo di Sokal:
"Le speculazioni psicoanalitiche di Lacan sono confermate da recenti sviluppi della teoria quantistica dei campi." "L'assioma dell'uguaglianza nella teoria matematica degli insiemi è analogo al concetto omonimo affermato dal movimento femminista". "La scienza "postmoderna" ha abolito il concetto di realtà oggettiva".
Qualunque studente di matematica o fisica avrebbe capito subito che il testo era folle e inconsistente. Poi Sokal raccontò la storia in altro articolo sulla rivista Linguafranca denunciando l’assenza di rigore intellettuale di quegli universitari.
Metto, dunque, Sokal insieme a Pareto e Popper nella schiera dei benemeriti che ci difendono dagli impostori. Sono tanti - combattiamoli.



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[1] Esistono  anche logiche in cui si definiscono non solo 3, ma infiniti valori diversi da “vero” e “falso”, come la logica fuzzy (“sfocata” - che ammette ogni valore corrispondente a un numero decimale compreso fra 0 (falso) e 1 (vero). Trova applicazione nella teoria delle decisioni e dei rischi.
Io pubblicai nel1959  un lavoro sulla logica a 3 valori [“A 3-valued system of logic and its application to base 3 digital circuits”]. Quel “tertium” che davo aveva applicazione nei circuiti di computer – non  significato filosofico

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